Da Barcellona a Milano, viaggiando con tristezza

Da Barcellona a Milano, un'opportunità inattesa

Alcuni giorni fa mi trovavo all’aeroporto El Prat di Barcellona, gate B52, in attesa dell’imbarco per  Milano. Ero in transito, proveniente da Granada, dove ho partecipato all’importante evento immobiliare spagnolo Inmocionate 2023. Tre giorni interessanti, ricchi di novità e confronti con colleghi spagnoli, americani, argentini e portoghesi. Insomma, sono “carico”, convinto di svolgere una professione bellissima e utile alla comunità.

Leggo svogliatamente la cronaca di Genova sul quotidiano locale, quando sono attratto da una conversazione alle mie spalle. Si, lo so che non si devono origliare i discorsi degli altri, ma il mio subconscio si è svegliato dallo stato di quiescenza nel quale era assorto quando ha percepito la frase: “impossibile comprare casa a Milano, troppo care le case…”.

Con nonchalance mi volto a guardare, noto un capannello di tre persone. Due uomini, sulla quarantina, uno con la barba incolta ed un grande borsone, l’altro, intellettuale chic con l’occhialino rotondo, che nel mio immaginario è un informatico. La terza è una ragazza, un pochino più giovane, che pare essere amica soprattutto di uno dei due, “l’informatico”. Probabilmente, penso io, li ha incontrati lì per caso.

Mi volto, mi rituffo nella lettura della cronaca “…80 millimetri di pioggia tra le 10,30 e le 12,30, frane e tombini saltati…”.  Ma loro continuano a parlare di case. Il “barbuto” (posso chiamarlo così?) sbotta: “le case a Milano, costano troppo! Noi cerchiamo in zona Comasina, ma anche li oramai hanno raggiunto dei prezzi da matti, impossibili. Penso che smetteremo la ricerca, anche se Greta ancora guarda i vari annunci…”.

La ragazza lo interrompe e racconta la sua storia: “io vorrei tanto comprare casa, ma devo prima risolvere il problema con la banca. I tassi dei mutui stanno salendo e loro non vogliono riconoscere il mio reddito perché è generato all’estero e per la banca italiana non vale”.

Non c'è valore percepito nell'operato dell'agente immobiliare

Il Barbuto è un sapientone, l’avevo capito (!), interrompe ed esterna la sua prima verità. E per me è come un colpo al cuore: “le banche sono quasi peggio delle agenzie. L’agenzia proprio non capisco perché si debba pagare. Ma cosa fanno?”

La ragazza, sorridendo: ti aprono la porta, quando decidono di darti un appuntamento perché stufi di sentirti chiamare al telefono”.

Barbuto: “il servizio lo fanno al venditore che li ha scelti, non a me. Dicono sempre di essere imparziali, ma non è vero. Fanno sempre gli interessi dei venditori. Poi, finchè devi dargli 4/5000 euro, te ne fai una ragione. Ma questi vogliono la percentuale indipendentemente dalla cifra, capisci ?”

Ragazza: “si, e qualcuno invece applica anche una cifra fissa ed è ancora peggio, bisogna stare molto attenti”.

La responsabilità di una presa di posizione

A quel punto non ce la faccio più, i battiti mi stanno salendo vertiginosamente, le coronarie sono gonfie come un torrente di montagna allo scioglimento delle nevi, il fegato è colmo di rabbia.

Mi volto e con voce melliflua mi intrometto sotto mentite spoglie, indosso la maschera pirandelliana ed anch’io mi sento un po’ come “il fu Mattia Pascal”.

“Scusate l’intromissione, ho sentito che parlate di case. Con la mia compagna abbiamo appena comprato in zona Lorenteggio (balla colossale!) e devo dire che è stato davvero difficile destreggiarsi, ma fortunatamente abbiamo trovato un’agenzia immobiliare molto attenta. Ci hanno aiutato e seguito in ogni fase tutelandoci”.

Mi guardano in un mix di sorpresa e distacco, sono riuscito anche a destare l’interesse dell’informatico che, con la sua aria vacua da intellettuale perbenista era stato fino a quel momento distante dalla conversazione. Il Barbuto, mi guarda e parte all’attacco: “l’hanno aiutata? E cosa hanno fatto? Hanno aperto anche le finestre della casa?”.

La battutina scatena l’ilarità dei tre che si prodigano in una fragorosa risata condita da sguardi d’intesa. Il Barbuto continua: “su internet trovo tutte le informazioni che voglio e poi, alla fine, vede tutto il notaio, si può fare benissimo da soli”. 

Non mollo, mica posso farmi liquidare così! Decido che è il momento di sferrare l’attacco: ma il suo notaio prima di fare il rogito viene anche a vedere la casa? Controlla che la planimetria catastale sia corretta? Oppure chiede a lei ed al venditore se quella è davvero la casa che state compravendendo? E se un immobile è ante o post ’67 ? E se non ha la corrispondenza richiesta dal DL 78/2010?”. 

Barcollano, decido di incalzarli

“E le spese di amministrazione ? L’agenzia ci ha fatto avere una dichiarazione dell’amministratore sullo stato condominiale delle spese e delle delibere assunte. Sono stati precisi, c’erano anche gli ultimi verbali di assemblea ed il regolamento di condominio. E poi l’agente immobiliare ci ha spiegato perché quello era il giusto prezzo, ci ha informato sul mercato della zona, mostrato esempi di case uguali compravendute nel quartiere, raccontandoci quelle che potrebbero essere le future evoluzioni del mercato. Ha anche illustrato le agevolazioni fiscali, per l’acquisto e per la successiva, eventuale rivendita. Soprattutto ci siamo sentiti al sicuro nell’acquisto. Ad ogni dubbio una risposta: precisa e circostanziata. Ecco, quell’agenzia l’ho pagata il giusto per il servizio che abbiamo ricevuto”. 

Gli sguardi dei miei interlocutori sono stupiti. La loro mente, forse, spero, immersa in dubbi e pensieri. La hostess chiama, biglietto e carta d’identità a portata, ci si imbarca. 

Dal mio sedile, 16b, rifletto a lungo su come le persone percepiscono la nostra categoria. E la tristezza che mi ha pervaso si siede accanto a me fino a Malpensa. Perché siamo così invisi? Perché i clienti non percepiscono il valore aggiunto dell’agente immobiliare all’interno di una trattativa ? 

Credo che le Associazioni di Categoria debbano lavorare ancora molto su questo. Ma tutti noi agenti immobiliari, appartenenti o meno ad un sindacato, abbiamo il dovere di fare la nostra parte quotidianamente. Non perdiamoci nella disquisizione se essere mediatori o property finder, ovvero pagati solo da una parte. Rischieremmo di farne una battaglia interna e di retroguardia.

Ritroviamo prima il nostro spirito corporativo con l’obiettivo di far capire davvero chi siamo. Soltanto quando avremo raggiunto un livello di preparazione elevato, uno standard qualitativo alto, quando il nostro percorso di studi e professionale sarà davvero commisurato alle necessità della società moderna, avremo raggiunto il punto per far sentire, alla massa dei cittadini, la necessità di avvalersi di un agente immobiliare.

E, allora, potremo dire che ce l’abbiamo fatta!

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